Madrigali e forme correlate

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Sviluppo del madrigale

I madrigali furono originariamente pubblicati per cantanti professionisti e per dilettanti di alto livello. Venivano pubblicati non in partitura, come si usa nel XX secolo, ma sotto forma di libri delle parti, ognuno dei quali conteneva solo la musica necessaria per una linea, soprano, contralto, tenore, basso o qualsiasi voce intermedia. La quantità stampata di ogni edizione era generalmente modesta, con il risultato che i prezzi erano alti, e l’esecuzione corale era esclusa per ragioni economiche oltre che artistiche. Lo sviluppo dei metodi moderni di incisione e stampa della musica, unito alla creazione di un mercato mondiale per le opere corali, ha portato ad una situazione direttamente opposta a quella del Medioevo e del Rinascimento, per cui ogni cantante ora ha una partitura completa (o partitura vocale) che è meno costosa dei libri delle parti stampati in tempi precedenti. Di conseguenza, l’esecuzione corale di madrigali e forme correlate è diventata una possibilità economica.

Uno dei più importanti predecessori del madrigale vero e proprio fu la frottola, che fiorì in Italia tra il 1490 e il 1520. Nei suoi primi stadi, la frottola era una canzone con accompagnamento strumentale, con la melodia principale e il testo nella parte più alta (di solito nella gamma del soprano o del contralto) e le armonie di supporto sotto. Queste armonie erano così semplici e funzionali che si poteva fare a meno di un’intera linea quando si facevano intabulazioni per voce e liuto. L’armonia a quattro parti veniva così ridotta a tre, anche se senza gravi perdite, poiché l’elemento polifonico tendeva ad avere un’importanza minima. Nelle raccolte successive di frottole, tuttavia, appare una tecnica diversa: invece di fornire il testo solo alla linea superiore, tutte e quattro le parti vi si uniscono. Queste frottole completamente testuali erano certamente destinate ad essere cantate da quattro cantanti, possibilmente, anche se non necessariamente, raddoppiate dagli strumenti; e potrebbero anche essere state cantate da un piccolo coro.

Contemporanee alla frottola erano forme affini come il lied tedesco, la chanson francese, il villancico spagnolo, e le canzoni inglesi per voce e viole. Tutte queste cominciarono come canzoni accompagnate, e tutte alla fine seguirono la moda italiana abbandonando gli strumenti e sostituendo le voci. Questo processo fu all’inizio un ovvio espediente e può essere rilevato come tale a causa della caratteristica natura strumentale delle tre parti inferiori, con numerosi salti e contorni non vocali. Le parole possono essere aggiunte a linee come queste, ma sono spesso scomode da cantare a causa della mancanza di movimento congiunto e della scarsità di spazi di respirazione. Occasionalmente, le parole aggiunte appaiono solo in una fonte, spesso una copia manoscritta piuttosto che un’edizione stampata, le fonti precedenti invece conservano la natura strumentale e la funzione del contralto, del tenore e del basso. Le canzoni di Isacco forniscono chiari esempi di questo graduale cambiamento, con cui i Tenorlieder (canzoni con la melodia nel tenore) furono trasformati in canzoni parziali dall’aggiunta di testo alle linee strumentali. Alcuni compositori tedeschi, tuttavia, preferirono il tipo di esecuzione puramente vocale o corale e si assicurarono che tutte le parti fossero testuali.

Tendenze simili possono essere viste in Francia, in Spagna e in Inghilterra, dove molte delle canzoni di corte scritte durante il regno di Enrico VIII hanno testo in tutte le parti vocali. Uno dei più noti di questi, Passetyme with good cumpanye, è una part-song a tre voci maschili, scritta con ogni probabilità dal monarca stesso. Con il progredire del secolo, i dilettanti cominciarono ad interessarsi al canto a quattro voci, e diversi compositori contribuirono a gettare le basi della scuola madrigalistica inglese. È degno di nota il fatto che Byrd, nei suoi Psalmes, Sonets, & songs of Sadnes and pietie (pubblicati nel 1588), abbia aggiunto il testo ad ogni parte ma abbia menzionato nella sua prefazione che le canzoni erano “originariamente fatte per strumenti per esprimere l’armonia, e un voyce per pronunciare il dittie.”

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