Il diabete di tipo 1 è una condizione intrinsecamente instabile. Tuttavia, il termine “diabete fragile” è riservato a quei casi in cui l’instabilità, qualunque sia la sua causa, comporta uno sconvolgimento della vita e spesso un’ospedalizzazione ricorrente e/o prolungata. Colpisce 3/1000 pazienti diabetici insulino-dipendenti, soprattutto giovani donne. La sua prognosi è povera, con punteggi di qualità di vita più bassi, più complicazioni microvascolari e di gravidanza e un’aspettativa di vita ridotta. Sono state descritte tre forme: chetoacidosi diabetica ricorrente, forme ipoglicemiche predominanti e instabilità mista. Tra le cause principali dell’instabilità vi sono il malassorbimento, alcuni farmaci (alcool, antipsicotici), il difetto di assorbimento o degradazione dell’insulina, il difetto degli ormoni iperglicemici soprattutto glucocorticoidi e glucagone, e soprattutto il ritardato svuotamento gastrico come conseguenza della neuropatia autonomica. I fattori psicosociali sono molto importanti e la fragilità fittizia può portare ad una condizione di autoperpetuazione. La valutazione del diabete fragile richiede la quantificazione della variabilità dei livelli di glucosio nel sangue. Per quantificare l’instabilità, le misure che sono state sviluppate comprendono l’ampiezza media delle maggiori escursioni glicemiche (MAGE), la media delle differenze giornaliere (MODD), l’indice di instabilità (LI), l’indice di glicemia bassa (LBGI), il punteggio di Clarke, l’Hyposcore e il monitoraggio continuo della glicemia. Una volta esclusi i problemi psicogeni, le strategie terapeutiche richiedono in primo luogo il trattamento delle cause organiche sottostanti alla fragilità, quando possibile, e in secondo luogo l’ottimizzazione della terapia insulinica standard utilizzando analoghi, iniezioni multiple e considerando l’infusione sottocutanea continua di insulina. Approcci alternativi possono ancora essere necessari per i pazienti più gravemente colpiti. Il trapianto di isole (IIT), che ripristina il rilevamento del glucosio, dovrebbe essere considerato nei casi di inconsapevolezza e/o labilità ipoglicemica, soprattutto se l’indice di massa corporea è < 25, ma con gli attuali protocolli immunosoppressivi i pazienti devono avere una funzione renale normale e preferibilmente nessun piano di gravidanza. Le pompe impiantabili hanno dei vantaggi per i pazienti che pesano più di 80 kg o hanno anomalie della funzione renale o epatica o sono altamente sensibilizzati.