Dai Greci al Rinascimento
Il primo grande generalizzatore della classificazione occidentale fu Aristotele, che praticamente inventò la scienza della logica, di cui per 2.000 anni la classificazione fece parte. I greci avevano un contatto costante con il mare e la vita marina, e sembra che Aristotele l’abbia studiato intensamente durante il suo soggiorno sull’isola di Lesbo. Nei suoi scritti, descrisse un gran numero di gruppi naturali e, sebbene li classificasse dal semplice al complesso, il suo ordine non era evolutivo. Era molto avanti rispetto al suo tempo, tuttavia, nel separare gli animali invertebrati in diversi gruppi ed era consapevole che balene, delfini e focene avevano caratteri da mammiferi e non erano pesci. Mancando il microscopio, non poteva, ovviamente, occuparsi delle forme di vita più minute.
Il metodo aristotelico dominò la classificazione fino al XIX secolo. Il suo schema era, in effetti, che la classificazione di un essere vivente secondo la sua natura – cioè, ciò che è realmente, rispetto alle somiglianze superficiali – richiede l’esame di molti esemplari, lo scarto dei caratteri variabili (poiché devono essere accidentali, non essenziali), e l’istituzione di caratteri costanti. Questi possono poi essere utilizzati per sviluppare una definizione che afferma l’essenza dell’essere vivente – ciò che lo rende ciò che è e quindi non può essere alterato; l’essenza è, naturalmente, immutabile. Il modello di questa procedura si trova nella matematica, specialmente nella geometria, che affascinava i greci. La matematica sembrava loro il tipo e l’esemplare della conoscenza perfetta, poiché le sue deduzioni dagli assiomi erano certe e le sue definizioni perfette, indipendentemente dal fatto che una figura geometrica perfetta potesse mai essere disegnata. Ma la procedura aristotelica applicata agli esseri viventi non è per deduzione da assiomi dichiarati e conosciuti; piuttosto, è per induzione da esempi osservati e quindi non conduce all’essenza immutabile ma a una definizione lessicale. Sebbene abbia fornito per secoli una procedura per tentare di definire gli esseri viventi attraverso un’attenta analisi, ha trascurato la variazione degli esseri viventi. È interessante che le poche persone che capirono l’Origine delle specie di Charles Darwin a metà del 19° secolo erano empiristi che non credevano in un’essenza di ogni forma.
Aristotele e il suo allievo in botanica, Teofrasto, non ebbero successori degni di nota per 1.400 anni. Intorno al XII secolo, le opere botaniche necessarie alla medicina cominciarono a contenere accurate illustrazioni di piante, e alcune cominciarono a mettere insieme piante simili. Anche gli enciclopedisti cominciarono a mettere insieme la saggezza classica e alcune osservazioni contemporanee. La prima fioritura del Rinascimento in biologia produsse, nel 1543, il trattato di anatomia umana di Andreas Vesalius e, nel 1545, il primo orto botanico universitario, fondato a Padova, Italia. Dopo questo periodo, il lavoro in botanica e zoologia fiorì. John Ray riassunse alla fine del XVII secolo le conoscenze sistematiche disponibili, con utili classificazioni. Distinse le piante monocotiledoni dalle dicotiledoni nel 1703, riconobbe le vere affinità delle balene e diede una definizione praticabile del concetto di specie, che era già diventato l’unità di base della classificazione biologica. Egli temperò la logica aristotelica della classificazione con l’osservazione empirica.