Coro

Coro, nel dramma e nella musica, coloro che si esibiscono vocalmente in un gruppo rispetto a quelli che si esibiscono singolarmente. Il coro nel dramma greco classico era un gruppo di attori che descrivevano e commentavano l’azione principale di un’opera con canti, danze e recitazioni. La tragedia greca ebbe i suoi inizi nelle rappresentazioni corali, in cui un gruppo di 50 uomini ballava e cantava ditirambi, inni lirici in lode del dio Dioniso. A metà del VI secolo a.C., il poeta Thespis divenne presumibilmente il primo vero attore quando si impegnò in un dialogo con il capo del coro. Le rappresentazioni corali continuarono a dominare i primi drammi fino al tempo di Eschilo (V secolo a.C.), che aggiunse un secondo attore e ridusse il coro da 50 a 12 interpreti. Sofocle, che aggiunse un terzo attore, aumentò il coro a 15 ma lo ridusse ad un ruolo principalmente di commento nella maggior parte delle sue opere (per un esempio di questo ruolo come mostrato nell’opera Edipo Re, vedi video). Il coro nella commedia greca ne contava 24, e la sua funzione fu sostituita alla fine da canti intercalati. La distinzione tra la passività del coro e l’attività degli attori è centrale per l’arte delle tragedie greche. Mentre i protagonisti tragici agiscono sfidando i limiti sottoscritti dagli dei per l’uomo, il coro esprime le paure, le speranze e il giudizio della polity, i cittadini medi. Il loro giudizio è il verdetto della storia.

Man mano che aumentava l’importanza degli attori, le odi corali diventavano meno numerose e tendevano ad avere meno importanza nella trama, fino a diventare semplici intermezzi decorativi che separavano gli atti. Durante il Rinascimento il ruolo del coro fu rivisto. Nel dramma dell’Inghilterra elisabettiana, per esempio, il nome coro designava una singola persona, spesso l’oratore del prologo e dell’epilogo, come nel Doctor Faustus di Christopher Marlowe.

L’uso del coro di gruppo è stato ripreso in un certo numero di opere moderne, come Mourning Becomes Electra di Eugene O’Neill (1931) e T.S. Eliot’s Murder in the Cathedral (1935).

In musica, coro si riferisce al corpo organizzato di cantanti in opera, oratorio, cantata e musica da chiesa; alle composizioni cantate da tali corpi; al ritornello di una canzone, cantato da un gruppo di cantanti, tra i versi per voce sola; e, come termine latino medievale, al crwth (la lira ad arco del Galles medievale) e alla zampogna. (Vedi coro.)

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Nei musical, il coro, un gruppo di attori le cui routine di canto e danza di solito riflettono e migliorano lo sviluppo della trama, divenne sempre più prominente durante il XX secolo. Durante la tarda epoca vittoriana, la commedia musicale era caratterizzata da una trama, da personaggi e da un’ambientazione sottili; l’attrazione principale era costituita dalle routine di canto e danza, dalla comicità e da una fila di ragazze del coro poco vestite. Le loro esibizioni fornivano un bonus stravagante all’inizio e alla fine delle canzoni o di speciali numeri di danza, ed erano considerate gli appariscenti sex symbol dell’epoca. Con lo sviluppo dei musical, tuttavia, fu data maggiore attenzione all’integrazione dei loro vari elementi. A metà degli anni ’20, le canzoni e i numeri di danza cominciarono a derivare più naturalmente dalla trama, e il coro ballava più che cantare. La danza stessa si sviluppò presto dalle linee di calci sincronizzati delle gambe dei primi anni del 1900 in un balletto altamente sofisticato e nella danza moderna.

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