Hussein

Hussein, per esteso Ḥusayn ibn Ṭalāl, (nato il 14 novembre 1935, Amman, Transgiordania – morto il 7 febbraio 1999, Amman, Giordania), re di Giordania dal 1953 al 1999 e membro della dinastia hashemita, considerato da molti musulmani tra gli Ahl al-Bayt (“Popolo della Casa”, i discendenti diretti del Profeta Muhammad) e i tradizionali guardiani delle città sante di Mecca e Medina. Il suo regno segnò la formazione del moderno regno di Giordania, e le sue politiche aumentarono notevolmente il tenore di vita giordano.

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Giordania: La Giordania sotto il re Ḥussein
La storia della Giordania dopo il 1953 è stata ampiamente plasmata dalle politiche del re Ḥussein per assicurare il suo trono e per mantenere o riconquistare la Cisgiordania….

In seguito all’assassinio del nonno di Hussein, re Abdullah, nel luglio 1951 a Gerusalemme, suo padre, Talal, salì al trono ma nel 1952 fu dichiarato inadatto a governare dal parlamento a causa di una malattia mentale. Re Talal abdicò in favore di Hussein, che, dopo aver trascorso alcuni mesi al Sandhurst Royal Military College in Inghilterra, assunse i pieni poteri costituzionali il 2 maggio 1953.

Le politiche di Hussein favorirono un lento ma costante progresso economico, anche se fu costretto a dipendere da significativi aiuti finanziari dall’Occidente. La base del sostegno di Hussein era costituita dalle tribù beduine indigene del suo paese, con le quali aveva stretto legami personali. Le politiche socialmente conservatrici del re e il suo allineamento con le potenze occidentali erano spesso criticate da altri leader arabi e dalla sua opposizione interna. Così, le dimostrazioni popolari – specialmente tra i palestinesi che erano fuggiti in Cisgiordania dopo la guerra con Israele del 1948-49 – e i disordini politici gli impedirono di aderire al trattato di mutua difesa filo-occidentale tra Regno Unito, Turchia, Iran, Pakistan e Iraq, noto come Organizzazione Centrale del Trattato, o Patto di Baghdad (1955), che egli aveva contribuito ad avviare. Nel tentativo di costruire un sostegno interno, nel 1956 licenziò il generale John Bagot Glubb, l’ufficiale britannico che comandava la Legione Araba (in seguito parte di un esercito giordano unificato). Molti palestinesi – che a quel tempo rappresentavano la maggioranza in Giordania – sentivano poco attaccamento alla sua dinastia; Hussein rispose rafforzando l’establishment militare per affermare l’autorità della corona su quella del parlamento.

Con l’aiuto degli Stati Uniti ampliò e modernizzò costantemente le sue forze militari, che usò per prevenire tentativi di rovesciare il suo regime. Hussein partecipò con riluttanza alla Guerra dei Sei Giorni del giugno 1967 (vedi guerre arabo-israeliane), ma la vittoria militare di Israele fu una grave battuta d’arresto, con la conseguente perdita da parte di Israele della Cisgiordania e di Gerusalemme Est, che la Giordania aveva annesso nel 1950, e l’afflusso di circa 250.000 ulteriori rifugiati palestinesi nel paese. Dopo la guerra il governo di Hussein fu minacciato dalle forze militari dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), che si stabilirono in Giordania per effettuare raid di guerriglia contro Israele. Nel settembre 1970 l’OLP controllava virtualmente uno stato nello stato. Con il suo futuro in dubbio, Hussein lanciò un attacco su larga scala per espellere l’organizzazione in una guerra civile poi ricordata come Settembre Nero (vedi anche Giordania: dal 1967 alla guerra civile). Nonostante il sostegno militare iracheno e siriano all’OLP, nell’agosto 1971 l’esercito di Hussein era riuscito a cacciare le forze dell’OLP dalla Giordania.

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Negli anni successivi Hussein seguì una rotta difficile: si astenne dal confrontarsi militarmente con Israele, ricucì le relazioni con l’OLP e cercò sia legami più stretti che aiuti finanziari dall’Arabia Saudita e da altri stati arabi. Mantenne anche buone relazioni con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Nel 1988 Hussein cedette all’OLP la rivendicazione della Giordania sulla contesa Cisgiordania, così come il suo ruolo nel rappresentare i palestinesi che vivevano lì. Hussein ha camminato su una linea sottile durante e dopo gli eventi che hanno portato all’invasione irachena del Kuwait nel 1990 e alla guerra del Golfo del 1991. Mentre rimanere solidale con l’Iraq portò al re un sostegno interno popolare, la guerra costò alla Giordania molto cara economicamente, dato che più di 300.000 palestinesi espulsi dagli stati della regione del Golfo si trasferirono in Giordania. Sulla scia degli accordi Israele-OLP di Oslo del 1993, Hussein il 26 ottobre 1994 firmò un trattato di pace bilaterale che pose fine a più di 40 anni di ostilità e normalizzò le relazioni tra Giordania e Israele.

Fino alla sua morte, avvenuta all’inizio del 1999, Hussein ha aiutato a portare avanti i negoziati di pace tra israeliani e palestinesi ed è persino intervenuto nell’ottobre 1998 per impedire il fallimento dei colloqui di Wye River (vedi Israele: Il Memorandum di Wye River) dopo aver trascorso la maggior parte di quell’anno negli Stati Uniti per sottoporsi a un trattamento medico per un linfoma non-Hodgkin. Al funerale di Hussein parteciparono numerosi capi di stato e importanti figure politiche, un’indicazione della sua reputazione internazionale. Gli è succeduto il figlio maggiore, Abdullah, che è diventato re Abdullah II.

Memorandum di Wye River
Memorandum di Wye River

Yasser Arafat (all’estrema sinistra), leader dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, firma il memorandum di Wye River insieme a (da sinistra a destra) re Hussein di Giordania, il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, e il presidente del Consiglio d’Europa Bill Clinton.Bill Clinton, e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, 1998.

Richard Ellis/Alamy

L’autobiografia di Hussein, Uneasy Lies the Head, fu pubblicata nel 1962.

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