Il nome ebraico di Giuseppe, prima di essere catturato dai Romani durante la Grande Rivolta e diventare un voltagabbana per i Romani, era Giuseppe ben Matityahu. Era nato intorno al 37 d.C. a Gerusalemme da una famiglia aristocratica di sacerdoti, il che è probabilmente il motivo per cui divenne un generale in Galilea verso i vent’anni. Potrebbe anche aver avuto qualcosa a che fare con il suo arbitrato di successo per liberare alcuni sacerdoti da Roma prima della guerra. Alcuni ipotizzano che questo viaggio a Roma non solo lo rese famoso per la nomina militare, ma lo impressionò abbastanza da voler vivere a Roma un giorno.
Quando l’esercito romano lo sconfisse a Jotapata, fuggì con circa 40 uomini in una grotta. Sapendo che sarebbero stati crocifissi o peggio, e non sapendo dove fuggire, decisero di suicidarsi. A quanto pare, Giuseppe pensava di potersi sottrarre a una morte romana e truccò la cosa in modo da essere l’ultimo nome scelto. Dopo che gli altri si erano suicidati, Giuseppe e un altro uomo si arresero ai romani.
Uomo istruito (conosceva l’ebraico e il greco, oltre alla Torah), e molto scaltro, convinse i romani a risparmiarlo per scrivere la loro gloriosa storia, condividendo un sogno o una profezia sulla grandezza futura di Vespasiano. Quando Nerone morì, e Vespasiano divenne l’imperatore, fu apparentemente impressionato dalla visione di Giuseppe e lo liberò prima di tornare a Roma. Sarebbe rimasto con Tito, il figlio di Vespasiano, per assistere alla distruzione del Tempio.
Divenne la nostra migliore fonte di prima mano per ciò che accadde nella guerra giudaica, la vita nel I secolo e la distruzione di Gerusalemme. Sfortunatamente, esagerò alcune cose per impressionare Vespasiano, accettò il sentito dire e fu generalmente di parte nei suoi scritti. Tuttavia, è il miglior resoconto di testimone oculare di questi eventi che abbiamo, ed è stato molto accurato. Senza i suoi resoconti, sapremmo molto poco di questa parte importante della storia d’Israele.
Da lui e dai suoi scritti, sappiamo molto di più sui tempi del Nuovo Testamento, come il funzionamento del sommo sacerdozio, dei farisei e dei sadducei, così come chi era veramente Erode e gli imperatori romani con cui interagì durante la sua vita. I suoi scritti sugli Esseni e Qumran sono la migliore fonte storica per questi ebrei monastici. Corrobora persino gran parte del Nuovo Testamento, come nelle sue Antichità degli Ebrei, dove riporta il giudizio di Ponzio Pilato su Gesù:
“Ora c’era in quel tempo Gesù, un uomo saggio, se è lecito chiamarlo uomo; perché era un operatore di opere meravigliose, un maestro di quegli uomini che ricevono la verità con piacere. Egli attirò a sé sia molti Giudei che molti Gentili. Egli era Cristo. E quando Pilato, su suggerimento dei principali uomini tra noi, lo condannò alla croce, quelli che lo avevano amato all’inizio non lo abbandonarono, perché apparve loro di nuovo vivo il terzo giorno, come i profeti divini avevano predetto queste e diecimila altre cose meravigliose riguardo a lui. E la tribù dei cristiani, così chiamata da lui, non si è estinta al giorno d’oggi.”
Cita Gesù anche una seconda volta, in relazione alla lapidazione di Giacomo:
“Ma il più giovane Anano che, come abbiamo detto, ricevette il sommo sacerdozio, era di indole audace e eccezionalmente temerario; seguiva il partito dei Sadducei, che sono severi nel giudizio sopra tutti i Giudei, come abbiamo già dimostrato. Poiché dunque Anano era di tale indole, pensò di avere ora una buona occasione, dato che Festo era ormai morto e Albino era ancora in viaggio; così riunì un consiglio di giudici e portò davanti ad esso il fratello di Gesù il cosiddetto Cristo, il cui nome era Giacomo, insieme ad alcuni altri, e dopo averli accusati come trasgressori della legge, li consegnò per essere lapidati.”
Dopo la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C, cosa che cercò di impedire con appelli alla resa degli zeloti (cosa che fu vista come un tradimento e lo rese nemico degli ebrei per il resto della sua vita), Giuseppe lasciò Israele e visse una vita viziata nel palazzo dell’imperatore a Roma. Divenne cittadino romano con il favore di Vespasiano e Tito, vivendo come una celebrità fino alla sua morte nel 100 d.C. Non vide mai più Israele.