Non posso più piangere

Nelle parole di Sheryl Crow, non posso più piangere.

Almeno, non per ora. Per favore. Sono esausta. Piangere è drenante, anche se allo stesso tempo è stranamente bello. In parte ha a che fare con “l’essere una ragazza”, ma più che altro ha a che fare con altre cose – cose di medicinali – che spero si risolvano in fretta, dato che oggi sono andata dal dottore e sono uscita equipaggiata con un nuovo piano di gioco.

In questo momento sono solo stanca… ma non riesco a dormire. Il mio cervello, come al solito, non collabora. Troppi pensieri fugaci attraversano la mia mente e impediscono il sonno profondo che desidero così disperatamente. Così ho rinunciato alla possibilità di un pisolino per oggi e spero di riuscire a dormire stanotte. Dita incrociate.

In altre notizie, sono di nuovo disoccupato, e a parte i problemi di soldi, penso che mi farà bene prendermi un po’ di tempo libero e cercare di passarlo con i bambini… questo è tutto un altro problema, però, almeno per me. Non so se è a causa del disordine, o solo per il generale senso di colpa della mamma, ma sento costantemente di non essere all’altezza – di chi, non sono sicura… Donna Reed? Le altre mamme della città? Non lo so. Mi trovo sempre a lottare con questa fastidiosa sensazione che dovrei fare di più, giocare di più, amare di più… godermi ogni momento prezioso e viverlo davvero, invece di soffermarmi sui fallimenti percepiti in passato.

Più facile a dirsi che a farsi.

Quando questo senso di colpa comincia a farsi sentire, può essere una strada lunga e tortuosa verso il nulla, finché non ne parlo con un’amica e mi rendo conto che non sono più “incasinata” di qualsiasi altra mamma – almeno, di quelle con cui parlo e di quelle che si aprono con me. È difficile quando mi sento come se dovessi passare ogni secondo di veglia a colorare o leggere o dipingere piccole unghie, quando alcuni giorni tutto quello che voglio o che sento di poter fare è niente. A volte il solo fatto di arrivare a fine giornata sembra una vittoria. Certo, cerco di compensare i giorni in cui non facciamo molto facendo volare gli aquiloni con le bambine, o giocando con la pittura a dita, o andando al parco… ma poi ogni giorno che non ci riempiamo di attività divertenti metto in dubbio il mio modo di essere madre. Sono abbastanza brava? Sanno quanto li amo? Dovrei fare di più. Questo dovrebbe appagarmi! Giusto? Parlare con altre mamme che possono “essere vere” con me mi fa sempre sentire meglio… ma quando è passato troppo tempo tra questi scambi e sono lasciata ai miei dispositivi mentali, il senso di colpa si ripresenta. Ma come ho detto, per ora non posso più piangere. Quindi non posso percorrere quella strada verso l’insicurezza, o passare attraverso il dubbio di sé lungo la strada, e finire, alla fine, nelle lacrime.

Quindi, per ora, affrontiamo un po’ di Play-Doh – e non si piange nel Play-Doh.

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